Per l’Unione nazionale cronisti italiani e per il Sindacato cronisti romani, il perdurare del chiasso sul presunto delitto di stampa, che avrebbe provocato la morte di Lady Di, rischia offrire il fianco per commettere delitti contro la stampa. Da giorni ormai, dentro e fuori il mondo della comunicazione, si fa di ogni erba un fascio e si leva un gran polverone per dare la croce indiscriminatamente addosso ai cronisti che fanno il loro dovere, e per fornire pretesti a poteri con voglie mai sopite di autoritarismo e di comunicazione fai da te, per porre freni, paletti, censure e modelli autocensori al diritto di cronaca con l’ipocrita presunzione di meglio tutelare la privacy e il rispetto della persona.
Proprio quei direttori di massmedia – rilevano l’Unci e il Scr – che più si stracciano le vesti indignati ad ogni evento che suscita scalpore e risveglia cattive coscienze, sono, in realtà, i principali complici e corresponsabili della campagna di licenziamenti e di ristrutturazione selvagge, che sta tagliando le gambe alla professionalità giornalistica, unica garanzia di serietà per il cittadino., permettendo, se non favorendo, il dilagare di un inaffidabile surrogato del mestiere sotto forme di lavoro abusivo, nero e sommerso, spesso nelle mani di mezzecalzette, in barba alla qualità e alla completezza dell’informazione e alla dignità del prodotto editoriale.