Nuovo duro attacco al pluralismo dell’informazione e ai livelli di occupazione nel segno di un disegno di deregulation della professione giornalistica. “Il Tempo”, storica testata romana, è ancora una volta nell’occhio del ciclone di una politica editoriale senza scrupoli.
Dopo solo 18 mesi di gestione, l’editore Domenico Bonifacio minaccia una radicale “ristrutturazione” del quotidiano, annunciando il dimezzamento della redazione (57 giornalisti su 121 dovrebbero essere buttati in mezzo alla strada) e la chiusura di 12 sedi distaccate nel Lazio, in Abruzzo e Molise: Ferma e decisa la reazione del cdr che denuncia la messa in moto di “un meccanismo che potrebbe portare alla chiusura. Ottenendo così un duplice scopo: saldare un vecchio debito con l’ex editore del Tempo (Caltagirone ndr), oggi diretto concorrente (Messaggero ndr), al quale va a regalare lettori e copie sulla piazza romana e sulle edizioni locali, e liberarsi del Tempo senza troppo rumore. Delega poi ufficialmente il direttore Cresci, sfiduciato senza neppure un voto contrario dalla redazione, a gestire l’ ”operazione tagli”. Lo stato di agitazione del giornale è stato sostenuto subito dalla Fnsi e dall’Associazione stampa romana. Con il presidente dell’Unci, Guido Columba, e con il presidente del SCR, Romano Bartoloni, i cronisti si sono immediamente schierati accanto ai colleghi (partecipando alle loro assemblee), “pronti -come si legge in un comunicato- ad ogni forma di lotta in difesa del lavoro dei colleghi e della vitale presenza democratica di una gloriosa testata”.