Incontrando al Quirinale i cronisti “il dna del giornalismo”, il presidente Ciampi ha raccomandato di “mantenere la spina dorsale dritta” nei confronti dei poteri, di “insistere sulla difesa dell’autonomia professionale”, ritenendo “più che giusto cercare norme regole e se necessario anche leggi che assicurino sempre più la vostra autonomia”. Purtroppo sono sempre tanti i lacci e i laccioli giuridici che intralciano e mortificano il lavoro dei giornalisti.
Da due legislature vanno avanti e indietro, a passo di gambero, presso la II commissione giustizia della Camera progetti di legge per riformare le norme sul reato di diffamazione a mezzo stampa. Oggi in commissione è fermo nuovamente un testo unificato elaborato dall’on. Anedda e che raccoglie diverse proposte (Stefani, Volontè, Anedda, Pisapia, Pecorella, Cola, Siniscalchi). E’ paralizzato da una pioggia di emendamenti e a nulla sono valse le audizioni con la Fnsi, con l’Ordine dei giornalisti e con la Fieg. Nè hanno fatto breccia le tante iniziative e prese di posizione da parte del mondo dell’informazione con in testa l’Associazione stampa romana.
A parole l’intento del legislatore rispecchia l’esigenza di meglio salvaguardare le ragioni dell’offeso, di ridurre i ritardi e le lungaggini dei processi favorendo la depenalizzazione, e di cancellare gli anacronistici aggravanti del reato a mezzo stampa; ma soprattutto, di tutelare, senza pregiudizi e riserve mentali, il diritto-dovere di cronaca contro le querele facili e di mettere al riparo il giornalista dalle interferenze a scapito della libertà di espressione e di critica. Nei fatti, traspare la resistenza culturale del sistema dei poteri a rinunciare alla suggestione di mantenere sotto scacco l’informazione con l’arma dell’intimidazione e con la stretta marcatura delle fonti di informazione.
Con un documento inviato alla presidenza della commissione giustizia, anche l’Unione nazionale cronisti italiani e il Sindacato cronisti romani hanno inteso dire la loro (per lo meno a futura memoria), perché i cronisti, per la loro specifica attività, sono i più direttamente coinvolti nei rapporti con l’autorità giudiziaria e i più esposti ai rischi di querele, di comunicazioni giudiziarie e di cause per risarcimento danni con grave nocumento per il loro mestiere.
Queste le nostre osservazioni:
1) La responsabilità penale del direttore responsabile solo quando non si conosca l’autore dell’articolo in contestazione, fatti salvi gli obblighi derivati dalle leggi sulla stampa e sulla professione giornalistica, e le responsabilità conseguenti i patti contrattuali
2) Rettifica come condizione pregiudiziale alla richiesta di risarcimento danni con tempi di pubblicazione compatibili con i necessari controlli sulla veridicità della smentita e delle precisazioni richieste
3) il diritto al risarcimento del danno va prescritto entro tre mesi per evitare un uso strumentale del ricorso all’autorità giudiziaria
4) a scanso di possibili suggestioni liberticide in casi di circostanze eccezionali di ordine pubblico, rimanga facoltativa e straordinaria la pena accessoria dell’interdizione temporale dall’esercizio della professione (in oltre 50 anni di democrazia i casi di interdizione si contano sulle dita di una mano)
5) emendamento del comma 3 dell’articolo 200 del Codice di procedura penale sul segreto professionale (tutelato dalla legge sull’Ordine e dal Consiglio d’Europa) affinchè le disposizioni di totale riconoscimento e tutela, previste dai commi 1 e 2 per medici, avvocati e levatrici, siano estese anche ai giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti
6) divieto di perquisizioni, sequestri, interrogatori, fermi di polizia, intercettazioni telefoniche nei confronti dei giornalisti, in particolare se finalizzate all’individuazione delle fonti di informazione ritenute responsabili di fuga di notizie
7) esclusione della corresponsabilità dei giornalisti nelle violazioni dei segreti di indagini, di ufficio ecc. provocate da terzi specie se ignoti
8) riconoscimento del prevalente interesse pubblico del diritto di informazione al fine della completezza e comprensione della notizia rispetto al diritto del singolo quando non si ledano i dati sensibili della privacy
9) garanzie per il diritto del giornalista all’accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni con modifica all’art. 23 della legga 7 agosto 1990, n 241 (estensione del diritto anche nei confronti di gestori di pubblici esercizi e di soggetti partecipati da capitale pubblico) e con modifiche al Dpr 27 giugno 1992, n. 352 (riconoscimento dell’essenzialità dell’informazione, di un interesse qualificato e legittimazione della funzione del giornalista con immediato diritto di accesso in via informale)