Le norme della par condicio rappresentano di fatto una censura. Salvo gli addetti ai lavori, candidati, big e sottobig dei partiti, gli unici autorizzati, nessun altro cittadino italiano può parlare in tv di politica, o sfiorare il tema, oppure lamentarsi delle tasse, della sanità ecc. Nella prima pagina di Repubblica del 15 febbraio, Michele Serra, pur sostenendo che l’origine di tutti i mali è nel famoso conflitto di interessi, arriva addirittura a dar ragione a Berlusconi quando attacca la par condicio come legge liberticida. Nell’editoriale di Panorama del 16 febbraio, Sergio Romano contesta il “manuale del buon giornalista elettorale”, un corpus di veline democratiche che ogni conduttore televisivo dovrà attentamente compulsare prima di trasmettere una notizia o intervistare un uomo politico. E aggiunge scandalizzato “Siamo in democrazia, beninteso, ma abbiamo ormai un ministero democratico della Propaganda che invia istruzioni, controlla la loro esecuzione e può, nel caso dell’Autorità delle comunicazioni, imporre multe (vedi il caso di Mediaset)”.