PRELIEVO PENSIONI VERSO LA RIBOCCIATURA
Per rianimare un Inpgi boccheggiante, la riforma bis in cantiere dovrebbe rastrellare almeno 100milioni di euro l’anno, tanto è il divario fra entrate contributive e spese previdenziali e sociali oggi tamponato con pasticciate operazioni immobiliari. Più che una mission impossible sembra un’impresa disperata. Peraltro, non si è riusciti o non si è potuto preventivare il ricavabile della spremitura “lacrime e sangue”, perché tante sono le incognite (editoria in condizioni comatose, contratto in alto mare, pronto soccorso pubblico ancora a zero ecc.) che gravano sulla natura degli interventi di marca Inps/legge Fornero. Incertezza sulle prospettive della quadratura dei conti, ma non sul destino dell’Istituto che subirebbe dall’operazione-tagli un colpo mortale alla sua identità previdenziale e assistenziale. I rischi identitari dietro l’angolo non sono denunciati soltanto da “puntoacapo”, l’opposizione spina nel fianco del cda dell’Istituto, ma anche dalla componente territoriale più consistente e autorevole del sindacato dei giornalisti. La consulta dei comitati di redazione di Stampa romana, rappresentativa delle più importanti testate nazionali, ha lanciato unanime un grido di “allarme per la sostanziale liquidazione dell’impianto previdenziale e assistenziale caratteristico dell’Istituto”, sottolineando “come sia quindi superata ogni idea –già invano sperimentata –di un accordo contrattuale di sacrifici finalizzati alla salvezza dell’Inpgi”.
Finchè non si misurerà in soldoni l’efficacia della terapia, sarebbe opportuno coinvolgere il sindacato (non soltanto consultarlo!) sul come raschiare il fondo del barile, soprattutto mettendo con le spalle al muro gli editori oggi con la sola idea fissa di ridimensionare le redazioni.
A leggere la piattaforma degli interventi, sembra che quattrini facili possano ricavarsi dal prelievo forzoso sulle pensioni: 5,2 milioni euro all’anno con una durata triennale (2017/19) pari a 15,6 milioni. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere! Intanto, anche le cosiddette briciole chieste a pensionati non sono un incasso sicuro perché la “tassa” non ha alcun titolo di legittimità e rischia contestazioni e nuove bocciature in Cassazione e dal Governo. Ne sono consapevoli persino i proponenti che hanno messo le mani avanti, affidandosi a una delibera di “ipotesi” ad hoc per evitare di compromettere tutto il pacchetto, come è già accaduto. Contrari per partito preso ad appellarsi alla solidarietà e alla generosità intergenerazionale, si tenta di aprire di imperio una breccia, un precedente, nel muro dei diritti acquisiti e consolidati. Altrimenti non si spiega l’accanimento per estorcere, senza alcuna garanzia di riuscita, 174 euro annui lordi (7mensili netti!) alle fasce di assegni fra i 57mila e i 75mila annui. L’esiguità delle cifre non indora la pillola nel complesso della terapia d’urto a carico degli anziani. Gli assegni di superinvalidità e gli assegni sociali si riducono a livelli Inps e dai primi sono esclusi i superstiti. La pensione di reversibilità alle vedove subisce tagli progressivi fino a ridursi al 60% per talune fasce di reddito. Niente più case di riposo per le vedove e per i titolari di pensione destinate solo ai vecchi colleghi con reddito max di 38mila euro rispetto ai 70.600 attuali. E poi basta con l’ipocrisia di ignorare i pesanti sacrifici, anche in chiave di solidarietà, che già sopportano pensionati e neopensionati.
1) sacrifici di anni di mancata perequazione. In un periodo prolungato ai limiti della legalità, l’Inpgi ha ottenuto la sua parte consistente, incassando oltre 30milioni sulla pelle dei pensionati che hanno perso mediamente 167 euro mensili.
2) sacrifici provocati dalla perdita del 20/25% del potere d’acquisto perché ridimensionato dal boom tutto italiano del carofisco senza agevolazioni, sconti e aiuti come avviene negli altri Paesi più progrediti.
3) sacrifici, amarezze e umiliazioni per 3mila neopensionati cacciati ancor giovani dai posti di lavoro contro la loro volontà o presi per la gola dei bisogni. Sono saltati i bilanci Inpgi con prepensionamenti e ammortizzatori sociali a raffica sotto il ricatto degli stati di crisi, in larga misura fasulli, inventati dagli editori.
4) sacrifici e terapie azzerate e a rischio della vita, come per oltre 2milioni di pensionati italiani che rinunciano a curarsi, per carocosti e liste di attesa infinite del sistema sanitario in crisi patologica e fronteggiato sempre più a fatica dalla Casagit in caduta di risorse.
5) sacrifici di una vita per decine e decine di anni di grossi contributi previdenziali determinanti nel costruire un ricco patrimonio immobiliare che oggi si sta dilapidando per tappare buchi ultramilionari.
6) sacrifici ingiusti e intollerabili di fronte ai vergognosi esempi degli amministratori Inpgi che non intendono rinunciare nemmeno a una fetta dei loro pingui emolumenti.
ROMANO BARTOLONI PRESIDENTE GRUPPO ROMANO GIORNALISTI PENSIONATI