di Giacomo Carioti
Spesso ci si lamenta dei toni che la stampa usa per “fare notizia” o per esagerare in senso polemico o “populistico” il coinvolgimento emotivo dei lettori. Non di rado si registrano interventi censori da parte -oltre che delle “istituzioni”, sempre pronte ad offendersi o a turbarsi degli “eccessi” della cronaca- degli stessi organismi rappresentativi dei giornalisti. Reazioni a volte condivisibili, altre volte discutibili, ma troppo spesso ideologicamente o politicamente orientate.
Nessuno però che si indigni o si scandalizzi per i luoghi comuni, stucchevolmente reiterati, che nei TG nazionali (RAI e grandi network) sembrano essere il condimento essenziale di ogni servizio sugli -ormai pressoché quotidiani- atti di terrorismo, di criminalità comune o di follia omicida: fra questi, in prima linea, da tutti abusato con malcelato godimento verbale, il termine “MATTANZA”.
A sentire quanto si eccitino i conduttori nel pronunciare questa terribile parola, sembra che questa venga scelta e ottusamente sottolineata alla ricerca del più fosco effetto spettacolare.
Un effetto orrendo, una definizione impietosa ed offensiva, oscenamente crudele, su cui però gli animi sensibili dei suddetti grilli parlanti snobisticamente sorvolano.