INDAGINE SULL’EDITORIA E LA STAMPA DI ROMA

Come da delibera della Giunta provinciale di Roma numero , il Sindacato cronisti romani ha realizzato il progetto “Indagine conoscitiva sulla carta stampata, sulle emittenti locali e sugli ondine in attività nel territorio metropolitano di Roma e provincia” e ha fatto stampare e consegnare agli uffici dell’Amministrazione provinciale 5mila copie del volume con i risultati e le analisi del censimento suddetto.
Tradotto in cifre, il censimento condotto dal Sindacato cronisti romani ha registrato 1.252 testate giornalistiche che producono informazione sia pure in forme, dimensioni e periodicità diverse: 92 agenzie di stampa, 41 quotidiani, 84 settimanali, 80 quindicinali, 501 mensili, 201 di varia periodicità (bimestrali, trimestrali ecc.), 46 televisioni, 61 radio, 143 online (giornali tematici, newsletter ecc.).
Poco più di un migliaio ha, chi più chi meno e a seconda della diffusione, un rapporto vivo e vitale con la città e la provincia, con gli ambienti istituzionali, economici, sociali, civili e professionali. Oltre la piccola e agguerrita schiera di quotidiani, con in testa il Messaggero, il giornale di Roma per eccellenza, e con un contorno stellare di sempre più freepress e giornali locali (ben due quotidiani soltanto ad Ostia diventata una minimetropoli nella metropoli con una fiorente attività editoriale); e oltre le radiotelevisioni con in prima fila le emittenti Rai, i nostri ricercatori hanno censito tutte le voci rintracciabili e che sono sintonizzate con le multiforme sfaccettature della realtà romana e provinciale. Non solo quindi, giornali, gazzette, radiotelevisioni, online di quartiere, di comprensorio, comunali ed intercomunali, ma anche quelle, come ad esempio le pubblicazioni su concorsi di lavoro e comunicazioni utili, che rispondono alle esigenze di socialità e di interscambio della popolazione.
Dall’indagine/censimento condotta in presa diretta dal Sindacato cronisti e sostenuta dalla Provincia di Roma, si scopre che è in atto un nuovo boom nonostante l’avversa congiuntura economica, i lacci e laccioli di anacronistiche (se non liberticide) leggi sulla stampa, nonostante la smagliata e costosa rete di distribuzione, e nonostante, soprattutto, la presenza dei mostri sacri dell’informazione che fanno la parte del leone sul mercato. In questi primi anni del Duemila, si sta rivalutando la forza di attrazione e di penetrazione della carta stampata che, alla fine del secolo scorso sembrava avviata al tramonto, surclassata come era dal fenomeno avveniristico degli online. Oggi il mondo di internet e dintorni continua a dominare la scena, ad aprire nuove frontiere della conoscenza, ad avvicinare navigatori di ogni angolo della Terra, ad accogliere i transfughi dalla carta stampata che ha raggiunto costi produttivi insostenibili per molte tasche. Tuttavia, ha deluso le attese di un facile sbocco economico, e, in particolare, ha tradito la ricerca di più fertili pascoli per la pubblicità, che, viceversa, non intende tradire le vecchie tranquille sponde della carta stampata, probabilmente perchè meno volubili e volatili. Nella realtà di Roma e della sua provincia, caratterizzata da un’economia ricca di sani microrganismi imprenditoriali, quotidiani di territorio, giornali freepress, periodici municipali e di quartieri, offerti persino porta a porta, ma anche radio e tv locali, propongono un’informazione di servizio e una capacità di ascolto più vicini alla gente rispetto alle grandi testate giornalistiche sintonizzate sui meridiani nazionali e internazionali.
L’inaspettato ritorno al foglio di carta, magari riciclata, costituisce il dato che più ci ha colpito nel corso del monitoraggio condotto dai ricercatori del Sindacato cronisti romani con lo scopo di colmare una storica lacuna di carattere conoscitivo, di costruire una banca dati a disposizione dei comunicatori, e di favorire incontri ravvicinati e iniziative comuni tra gli addetti ai lavori. Mai prima di oggi si era scavato con sistematicità nei territori del pianeta stampa romano (come, peraltro, da nessun altra parte), nell’intento di costruire una mappa che rispecchi una realtà per troppi versi sommersa e atomizzata nelle mille e mille piazze delle metropoli.
Dal 1948 la sezione stampa del tribunale di Roma, e da qualche anno, le nuove di Civitavecchia, Velletri e Tivoli, battezzano i neonati dell’editoria iscrivendoli nei registri anagrafici. Poi la loro vita, la loro storia si disperde in infiniti rivoli. All’incirca il 50 per cento muore o non lascia più tracce di sè, oppure diventa irraggiungibile e inavvicinabile fuori del suo angusto circuito esistenziale, anche perché la nostra singolare burocrazia richiede certificati, autocertificazioni e bolli, ma non si cura di archiviare i recapiti telefonici e il codice postale. Tanti i nati morti, incalcolabili i decessi lungo la strada che non vengono denunciati al tribunale come pure si dovrebbe. Altri subiscono una così profonda mutazione genetica con radicali cambiamenti di connotati, di direzione, di proprietà, di indirizzo editoriali e persino nell’intitolazione che diventano irriconoscibili persino agli occhi dei loro genitori. Secondo Giorgio Parnasi, vicepresidente del Tribunale civile di Roma e storico dirigente della sezione per la stampa, si sono registrate nel corso degli anni oltre 10mila testate di ogni genere e di ogni calibro. Ultimamente è entrato a vele spiegate il mondo online mettendo in regola la propria identità per ragioni di opportunità, non certo per obbligo di leggi ancora di là da venire o per consiglio dell’ordine professionale dei giornalisti. Nella comunicazione telematica si ritrovano non soltanto testate di ex periodici, ma anche una nuova galassia editoriale caratterizzata da formule audiovisive che si avventurano, a costi più bassi, nella sfida ai tradizionali mezzi della televisione e della radio.
Nella sostanza, le testate giornalistiche in attività si riducono a qualche migliaio. Peraltro, il nostro campione si ridimensiona ancora portando alla ribalta quelle che hanno un seguito fuori delle mura domestiche. Tanti giornali, giornalini, fogli, foglietti, notiziari, news-letter circolano nel chiuso degli uffici, nel ristretto del giro dei dipendenti dell’ente pubblico o privato, o aziendale. Un record di testate è conquistato a parte all’interno dell’universo cattolico, concentrato a Roma perchè a Roma fanno capo congregazioni, ordini, istituti, conventi ecc. Se la grande maggioranza delle imprese editoriali domina la piazza dalle roccaforti lombarde, è nella capitale che si registra il numero più alto di periodici a dimensione artigianale.
Ma come vivono, come si industriano, come reggono l’urto con il caro costi dei nostri giorni? Nell’epoca della comunicazione senza frontiere, dove le notizie dei grandi avvenimenti fanno il giro del mondo in un attimo, si è arrivati paradossalmente a mettere la sordina sui fatti che accadono intorno a te e che riguardano la qualità della vita di tutti i giorni. Basti soltanto pensare alla fame di informazione sulla mobilità in una metropoli soffocata dal traffico e condizionata dall’andirivieni quotidiano con i centri della provincia (e non solo) di un milione e 300mila pendolari. Oppure dalle condizioni di vivibilità delle immense periferie dormitorio. Soltanto sfiorata dalle grandi cronache dei giornali, l’informazione di servizio, del particolare, della categoria, o del noglobal secondo il linguaggio di oggi, si sfoga nella miriadi di canali delle pubblicazioni alternative ai massimi sistemi dei mass-media, e soprattutto, delle radio e televisioni locali. Tanti periodici tirano a campare e sopravvivono per la soddisfazione degli autori, altri navigano in acque migliori grazie alle mille sorgentine pubblicitarie dei magazzini accanto. Tutti debbono fare i conti con le trappole della diffusione e della distribuzione. In molti hanno rinunciato ai proibitivi abbonamenti postali o alle incognite dell’edicola dove si rischia di scomparire nel mucchio. E allora chi si convenziona con società specializzate nel porta a porta, chi si affida al bar, al barbiere, al centro commerciale ecc, o mette il pacco delle riviste in bella mostra negli uffici o nei raccoglitori secondo la moda lanciata dai quotidiani freepress e che stanno sorgendo come funghi un po’ ovunque. Anche se quasi ogni giorno vengono alla luce nuove testate, non c’è da illudersi che il comparto sia una risorsa per l’occupazione. Semmai è un’inestinguibile fucina per farsi le ossa e per avviare i primi passi verso l’inquadramento professionale. Trionfa il giornale fai da te e fatto in casa, sono diffusi il volontariato e lo stagismo con la speranza che si aprano un domani le porte del mestiere, soffia sempre più forte il vento della flessibilità contrattuale, si radica il cancro del lavoro sommerso e dei compensi in nero. Nei casi migliori, si praticano i cosiddetti “cococo” (le collaborazioni coordinate e continuative) e le collaborazioni occasionali. Si contano sulle dita delle mani i contratti giornalistici a tempo indeterminato e quasi tutti sono concentrati nei quotidiani freepress ad alta tiratura. Anche se largheggiano entusiasmo, passione e buona volontà, confortati spesso il valore di colleghi con alle spalle una lunga e collaudata esperienza professionale, la tutela sindacale non è certo di casa da queste parti.
Nonostante l’editoria minore sia un terreno fertile per la comunicazione istituzionale della Provincia e della Regione Lazio, nonché dei Comuni e delle altre istituzioni territoriali della metropoli romana, la sua presenza è ancora considerata e trattata come la Cenerentola dell’informazione. Finora sono abortiti tutti i tentativi legislativi o similari di valorizzarne le potenzialità e le prospettive in un’ottica di sviluppo del pluralismo, di potenziamento delle infrastrutture industriali e di qualificata crescita dell’occupazione. Addirittura è rimasta sulla carta una legge regionale promulgata nel 1998 e alla quale il Sindacato cronisti romani aveva dato un contributo determinante di idee e di progetto. Perno della nostre proposte di ieri e di oggi sono: la ristrutturazione del mercato e dei centri tecnologici di produzione per stampa e radiotv; il credito agevolato per l’innovazione tecnologica; la formazione professionale d’intesa con le Università e gli organismi di categoria; la costituzione di un’anagrafe dell’editoria locale (un contraltare regionale del registro degli operatori della comunicazione, il Roc, da 2 anni costituito presso il Garante della Comunicazione) per disciplinare correttamente il regime degli interventi economici. Infine, ma non per ultimo, una soluzione per metterci al passo con le altre capitali europee come si è fatto di recente con l’Auditorium: la realizzazione con il mondo della cultura e del giornalismo di un centro multimediale di documentazione e stampa sul patrimonio culturale, economico e sociale della area metropolitana.

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