La lezione di Victor Ciuffa

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LA CRONACA ULTIMA SPIAGGA DEL GIORNALISMO DI OGGI

Perché di giornalisti come Victor Ciuffa non se ne fanno più? Perché ha rappresentato una delle ultime figure professionali a credere senza tentennamenti nel duraturo valore della cronaca. Fino all’ultimo ha difeso e sostenuto l’assioma che, nonostante i radicali cambiamenti nel mondo della comunicazione/informazione, “ i cronisti sono il cuore e il motore del giornalismo”. E aggiungeva in uno dei suoi editoriali sullo “Specchio economico” che “Per il vero grande giornalismo, quello con la G maiuscola, la cronaca è infatti come l’analisi logica e il latino per la lingua italiana, la chiave per scoprire e per comprendere prima e meglio la realtà, e per spiegarla alla massa”. 
Il farwest della comunicazione digitale, vera o fasulla che sia ma nelle mani di tutti e di nessuno, sta facendo saltare il muro del sistema dei poteri che si è consolidato nell’illusione di controllare l’uomo della strada con il dominio dell’informazione da diffondere e da manipolare a proprio piacimento. 
Le vittorie a sorpresa di Trump negli Usa e della Brexit in Inghilterra, la Gran Caciara della campagna referendaria documentano, provano, confermano che la stampa, tutta la stampa non solo i giornali, ma anche TV e digitale, non influenzano più di tanto l'opinione pubblica, ne sanno più cogliere umori e aspirazione di cittadini ed elettori mediante sondaggi proposti come oracoli anche quando sono sballati E non solo a causa dei social alla Grillo, ma soprattutto per colpa di chi orchestra o crede di orchestrare l'informazione. Ormai si è scoperchiato il vaso di Pandora che ha sparso tutto intorno i veleni delle false suggestioni e della propaganda politica usa e getta sbugiardando caste (giornalisti compresi) e establishment. Paghiamo un altissimo prezzo alla penna professorale concessa ad opinionisti che esprimono pareri, filosofie, indirizzi e persino raccomandazioni interpretando e descrivendo un mondo virtuale, immaginario disancorato dalla realtà, sproloquiando di populismo in epoca di nuove povertà, sostenendo una classe dirigente conformista e autoreferenziale. Negli Stati Uniti, i mass-media hanno fatto una figuraccia scommettendo sul cavallo sbagliato della Clinton. Su un totale di 59 giornali grandi e medi solo uno ha parteggiato per Trump. Se la politica si è chiusa nel Palazzo abdicando al dovere di stare in mezzo alla gente, il giornalismo ha rinunciato a vivere la cronaca, a farsi le ossa nelle strade, a incontrarsi e scontrarsi con fatti colti dal vivo e raccontati in presa diretta, contribuendo, volente o nolente, a fabbricare una piattaforma fumosa di notizie inaffidabili, che finiscono per essere manipolate in forme inverosimili e distorcenti. 
Una volta il giornalismo aveva il polso della situazione, oggi non più. Terremotando la politica, il variegato universo dei social ha segnato il trionfo di Internet, disarmando i giornalisti che non ne hanno azzeccata più una. Persino i talk-shaw sono stati battuti dall’euforia del digitale, dalla voglia di contare di più da parte degli eserciti di internauti. Lo choc ha disorientato i pezzi da novanta del giornalismo, e con loro il codazzo di élite di ogni peso e di ogni livello di presunzione. Li ha traditi la supponenza del saccente e l’arroganza intellettualoide. Nonostante in molti origliassero fra gli anfratti della rete dal buco della serratura, non si è saputo cogliere la dimensione dei cambiamenti e l’impeto sconvolgente della democrazia diretta, e si è continuato a inseguire sondaggi fantasma. A rimorchio del Palazzo della politica in mano a gente screditata, si è smarrita la bussola dell’opinione pubblica, e si è finito con il navigare a vista nel virtuale. Si rifiuta la verità nuda e cruda, specie in tempi di crisi esistenziale, si spernacchiano le voci paludate dell’ufficialità giudicata asservita al sistema. In queste condizioni, si rincorrono le suggestioni più accattivanti e le favole più affascinanti di chi la spara più grossa, di chi le sa meglio inventare. 
I mass-media tradizionali stanno perdendo il controllo della notizia che il web produce e auto produce da sé a ritmi incontenibili, stritolandola in mezzo alle ruote di una comunicazione prodotta da una miriade di protagonisti. Si fatica a intercettare i flussi delle fonti di informazione moltiplicatisi in misura esponenziale, e che ti passano sotto il naso a velocità supersonica. Si cerca di cogliere, fior da fiore dalla montagna interattiva, almeno gli spunti che possano soddisfare la spettacolarità degli eventi secondi canoni del mestiere avviati al tramonto. Il ruolo di mediatori tra i fatti e i cittadini si è indebolito al tal punto che i grillini dell’ultima ora hanno trovato la sfrontaterzza di prenderci per i fondelli. Peraltro, si rischia di ammainare la bandiera del giornalismo in un mondo editoriale che, invece, di mettersi al passo con i tempi, si illude di salvare la pelle smantellando le migliori energie professionali. 
Diventa follia suicida restare a guardare la grande vetrina interattiva senza entrarci dentro con la forza dell’esperienza e l’autorevolezza del cronista. Non basta che lasciamo ai lettori l’opportunità di interagire con noi, con i nostri blog e con le nostre piattaforme digitali. Di questo passo, ci si infila in un ruolo di nicchia. Per raggiungere le grandi masse di navigatori, bisogna invertire la rotta. Non aspettarle nei nostri acquartieramenti, ma interloquire, con tenacia e spirito di servizio, in casa loro, dentro i siti, i social network, e i blog più frequentati assicurandoci ovviamente il rimbalzo sui mass-media multimediali. Ad esempio, che si aspetta a spiegare dove porta l’antisistema e raccontare come il fascismo conquistò il potere grazie all’ignavia della politica? Probabilmente si incavoleranno per l’interferenza, ma qualcuno comincerà ad aprire gli occhi e forse a ragionare sui valori della democrazia e a riconoscere il ruolo del giornalista. 
Oggi la cronaca può rappresentare l’ultima spiaggia del giornalismo da dove ripartire per riconquistare gli spazi perduti, purché si rispettino le sempre valide regole delle cinque W, in pratica: ricerca, accertamento, verifica in presa diretta con la gente, controllo delle fonti, fatti e non chiacchiere, coscienza critica della società, completezza e tempestività della notizia.