La Boldrini marchia le bufale ma non quelle politiche
Sacrosanta è la campagna del “basta alle bufale nel web, non sono goliardate” lanciata dalla presidente della Camera Laura Boldrini, peccato che il suo appello si rivolga alle espressioni di punta della società, escludendo dal richiamo/tirata d’orecchie l’universo della politica, gli amministratori pubblici e istituzionali, e i responsabili di governo di ogni livello. Sarebbe stato il fiore all’occhiello di un’iniziativa destinata a coinvolgere, secondo i propositi della proponente, la scuola, l’università, i mass-media, le imprese, la cultura, lo sport, lo spettacolo, i social network. La Boldrini mette in guardia contro un fenomeno che crea “confusione, semina paura e odio e inquina irrimediabilmente il dibattito. E chi compie questa operazione spesso ne trae anche vantaggi”. E giustamente osserva: “Essere informati è un diritto, essere disinformati è un pericolo”.
Poiché ognuno per la propria parte nella società si assuma la responsabilità di assicurare un mondo digitale migliore, più corretto e attendibile, come invoca la Boldrini, sarebbe stato opportuno chiedere che l’esempio di lealtà e di serietà partisse dall’alto, dal Palazzo e dalle stanze dei bottoni. Perché chi chiede la fiducia degli altri, chi decide sui nostri risparmi, sulla nostra salute, di fatto sulla nostra vita, avrebbe il dovere di raccontare sempre la verità, tutta la verità con sobrietà e massima trasparenza, in quanto dalle sue parole e dal suo comportamento dipende la sorte e l’avvenire dei comuni cittadini. Senza fare di ogni erba un fascio, purtroppo dentro e fuori internet, circolano digitate da personaggi pubblici tante fandonie, millanterie, smargiassate, frottole, panzane, promesse fasulle, insomma bufale di ogni natura e velenosità, che alterano i fatti e turbano l’opinione pubblica. Tanto che a volte si ricava la sensazione che facciano a gara a chi le spara più grosse. Le più famose hanno lasciato traccia indelebile. Come non ricordare Renzi allorché citò a sproposito l’Ocse per dire che 'gli italiani sono un popolo di somari', o il recente 'meglio non averli fra i piedi' del ministro Poletti riguardo alla fuga di cervelli all’estero. Oppure il famoso invito dell’allora ministro Padoa Schioppa a 'cacciare di casa i bamboccioni', o ancora il 'tunnel fra Ginevra e il Gran Sasso' scoperto dalla Gelmini, o 'l’energia facile con la fusione fredda' garantita da Scilipoti, o il 'so per certo che gli alieni ci spiano' di Borghezio. Bufale non innocue per l’autorevolezza dei protagonisti e che hanno raggiunto milioni di navigatori dei social, suscitando non soltanto stupore. I giornalisti non saranno fanciulle immacolate, tuttavia si sono dati ben 15 codici etici/deontologici per l’informazione, recentemente unificati, e i cui principi vanno applicati anche nei social-network. Farà mai altrettanto la comunicazione politica? Romano Bartoloni segretario SCR (10/02/2017)